L’Utopia possibile.
La Grafica come impegno

Un tributo a Franco Canale, Pino Grimaldi e Vincenzo Bergamene

  • 18/20.04.24
    10:00 - 20:00
  • 21.04.24
    10:00 - 17:30
  • Mostra
  • Fondazione Morra Greco
  • Ingresso libero

La cultura del progetto grafico in Campania ha avuto, sul piano nazionale, un suo peso fondativo laddove le riflessioni animate dalla comunità dei nostri progettisti hanno avuto il merito di innescare un dibattito nazionale che si è rivelato essere, nel tempo, indispensabile alla costruzione di uno statuto disciplinare della grafica. La scuola salernitana da un lato e la scuola napoletana dall’altro, hanno avuto prolifici momenti di intersezione e scambio ma, soprattutto, si sono ritrovate all’interno di un comune sentire. Una comunanza di vedute e di approcci – quella che ha legato Vincenzo Bergamene, Franco Canale e Pino Grimaldi, che si è tradotta in militanza nella professione, nella duplice manifestazione di professionisti e docenti, oltre che infaticabili studiosi e interpreti degli scritti e della storia del pensiero progettuale.

Questa mostra, quindi, non vuole essere solo un tributo estetizzante e postumo al prolifico lavoro di tre Maestri considerabili quali ‘padri fondatori’ di una scuola campana della grafica, quanto, invece, vuole fare emergere alcune dimensioni che oltre ad accomunare il loro sentire, rappresentano aspetti fondativi della professione e della postura che una certa scuola del design della comunicazione ha inteso portare avanti con forza e convinzione anche in uno spazio nazionale condiviso.

  • Dimensione pedagogica. Questa dimensione si è tradotta in una attività di ‘presidio’ all’interno delle istituzioni ed è sfociata nella costruzione di percorsi istituzionali legati alla formazione. Si pensi all’attività pionieristica all’Accademia di Belle Arti di Napoli condotta da Vincenzo Bergamene, per esempio, che nel 2009 aprì con grande impegno il corso di graphic design, o alla presenza costante di Pino Grimaldi nell’Istituto d’Arte Filiberto Menna a Salerno e all’ISIA di Urbino o alla sua attività pubblicistica e alle numerose conferenze e seminari da lui organizzati proprio sulla didattica del design, o il design per la didattica (si pensi al progetto Montessori e alla conferenza internazionale Il design per la pedagogia); o ancora alla prolifica attività di docenza di Franco Canale.

Ma questa dimensione pedagogica oltre a concretizzarsi nella concomitante presenza in accademia, si è anche tradotta in una riflessione strutturata che ha perseguito almeno due direttrici: da un lato la necessità - comparativa nazionale e internazionale – utile a rapportare i nascenti percorsi didattici ad una più consolidata esperienza internazionale; dall’altro l’esigenza di costruire quelle che Grimaldi definiva delle ‘bibliografie non di prossimità’, prediligendo e indicando una letteratura di base scientifica necessaria per fornire un primo bagaglio di scritti e conoscenze strutturali ad affrancare la professione dalla sua natura di ‘mestiere’ artigianale ed elevarla al pari delle altre discipline del progetto – l’architettura e il design – già corredate di un proprio corpus teorico sedimentato.

  • Dimensione teorica. Condotta principalmente da Pino Grimaldi è sfociata in una prolifica attività pubblicistica tesa a fondare uno statuto disciplinare per la professione del grafico, promuovere e costruire una letteratura di riferimento, avviare riflessioni teoriche sull’evoluzione della cultura del progetto fino ad arrivare – precorrendo i tempi – dal primo testo ‘E se Gutenberg fosse un designer’ scritto con Cettina Lenza e Gelsomino D’Ambrosio, alla definizione di ‘Blur Design’. In questo percorso c’è tutta la riflessione teorica del ‘900 fino al post-digitale, una indagine condotta da fine intellettuale e che ha avuto il merito di intercettare quegli scritti utili a circostanziare il progetto di comunicazione, le sue finalità, i linguaggi, i processi, le metodologie e le sue ricadute sia in termini sociali che economici. Ma, soprattutto, questi scritti si pongono quale base di riflessione, una ‘bussola’, utile ad orientare il progetto – e i progettisti – ad una postura non improvvisata, non approssimativa quanto, piuttosto, scientifica nella convinzione che solo la cultura e la conoscenza – e l’ibridazione dei saperi in una ottica ‘Blur’ – possono costruire coscienze - e quindi progetti - consapevoli, rispettosi degli ambienti visivi e degli utenti, attraverso un approccio ethic oriented.
  • Dimensione politica. Condotta a diversi livelli – sociale, professionale e squisitamente politico – da tutti e tre i maestri, ognuno con le proprie attitudini e identità diverse. Questa dimensione ha visto Bergamene porsi come apripista grazie all’organizzazione, durante la stagione della Grafica di Pubblica Utilità, di momenti pubblici e condivisi di riflessione: si pensi alla prima conferenza, organizzata a Napoli durante il Festival dell’Unità del 1980 “La comunicazione grafica delle organizzazioni e delle istituzioni democratiche”, mentre Franco Canale ha fatto propria una attività di militanza nella professione costruendo tutto il proprio percorso professionale quale percorso politico. Tutta la sua prolifica produzione grafica si è posta come strumento per ‘fare politica’ nel senso più puro del termine, cioè di servizio al cittadino e alle istituzioni. Allo stesso tempo, invece, Pino Grimaldi ha svolto il compito di sistematizzazione delle riflessioni sul ruolo politico del progetto attraverso la costruzione di azioni utili a promuovere consapevolezza nella comunità dei progettisti, dalla scrittura della Carta del Progetto Grafico, alla Biennale di Cattolica fino ad arrivare ad istituzionalizzare i modi di relazione tra i professionisti e le amministrazioni attraverso un meticoloso lavoro sulle istituzioni locali.

Questa mostra/tributo prova a fare emergere queste tre dimensioni, nella consapevolezza di quanto sia un punto di vista riduttivo rispetto alla copiosità del loro lavoro ma, crediamo, indicativo di un pensiero comune, quel sentimento di ‘responsabilità’ verso l’utente e verso la società tutta, che si traduceva in forme di rispetto verso persone, contesti, cose, ambienti; forme di dissenso quando necessario; di astensione, se utile; di presa di posizione quando indispensabile. Sempre nella loro profonda convinzione che essere progettisti significava, prima di tutto, essere calati nella cultura del proprio tempo avendo contezza di chi si è, di come si opera, di cosa si fa, per chi lo si fa e quanto il ‘proprio fare’ possa incidere – nel bene o nel male – nelle coscienze di chi guarda.

Enrica D’Aguanno, Daniela Piscitelli

 

“Il Mediterraneo è un pluriverso irriducibile che non si lascia ridurre ad un solo verso, e il suo valore sta proprio in questa irriducibile molteplicità di voci, nessuna delle quali può soffocare l’altra.”

Franco Cassano,
Il pensiero meridiano, 2011.

Esiste un pensiero meridiano del design? Osservando a distanza di tempo il lavoro dei tre designer, oggi per la prima volta raccolti insieme in questa mostra, la risposta non potrebbe che essere affermativa.

Nella assoluta diversità del segno e del pensiero che Vincenzo Bergamene, Franco Canale e Pino Grimaldi restituiscono attraverso la loro personale e originalissima declinazione dell’idea e della pratica del progetto, ciascuno di loro incarna quella vocazione verso l’irriducibile molteplicità che Franco Cassano individua come tratto peculiare e distintivo dello sguardo mediterraneo.

Tre diverse visioni, tre storie distinte, seppure percorse seguendo direttrici tangenti l’una all’altra, più volte e a più riprese reciprocamente intersecanti, eppure unite da una cifra impalpabile di irriverenza all’ovvio, di s-definizione e liquidità, di accostamento dissonante di segni e sensi in un tracciato comunque sempre rigoroso e coerente, alimentato dalla potente spinta della contaminazione tra i linguaggi.

Blur Design, è il termine che Pino Grimaldi conia per indicare quel campo sfumato e problematico in cui ci conduce l’ibridazione digitale del progetto, la stessa indefinita fluidità di ogni atto comunicativo, il cui esito non è mai scontato e la dimensione relazionale risulta incessantemente generativa e ri-generativa di senso e di sensi.

La relazionalità, intesa come zona di confine e di prossimità, di contatto e di fusione, attraversa così il carattere nel contempo professionale, creativo, pedagogico, ma anche politico, dei lavori dei tre designer, tra loro - e per alcuni tra noi - colleghi, amici, compagni di viaggio.

Un viaggio nel molteplice irriducibile, nelle pieghe del progettare come orizzonte etico dell’agire, in una prospettiva che coniuga saperi e visioni, estetiche e tecniche, valori e forme. E in quelle pieghe, intese alla maniera di Gilles Deleuze, come metafora del costruirsi dell’anima e della coscienza contemporanea risiede il senso di un percorso mai interrotto, che oggi noi insieme a loro concepiamo come un nuovo inizio.

Giuseppe Gaeta

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